Il tragico difetto della storia è che la nostra maggiore empatia e sensibilità crescono in proporzione diretta con il crescere del danno entropico che apportiamo al mondo che condividiamo e da cui dipendiamo per la nostra esistenza e per la perpetuazione della specie.
Ci troviamo oggi in un momento decisivo dell’esperienza umana: la corsa a una coscienza empatica globale si sta scontrando con il crollo entropico globale; i benefici che traiamo dall’empatia sono incalcolabili, ma lo sono anche i costi entropici.
Se la natura umana è effettivamente materialista, egoista, utilitarista e orientata al piacere, ci sono ben poche speranze di risolvere il paradosso empatia-entropia. Ma se invece la natura umana, a un livello più fondamentale, è predisposta all’affetto, alla comunione, alla socialità e all’estensione empatica, c’è la possibilità di sottrarsi al dilemma empatia-entropia e trovare una soluzione che ci permetta di ripristinare un equilibrio sostenibile con la biosfera.
Un’idea radicalmente nuova di natura umana sta lentamente emergendo e acquistando forza, con implicazioni rivoluzionarie sul modo in cui, nei secoli a venire, interpreteremo e organizzeremo le nostre relazioni sociali e ambientali. Abbiamo scoperto l’Homo empaticus.
Tratto dal libro La civiltà empatica di Jeremy Rifkin.
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Che prospettiva entusiasmante! Sono certa che l’umanità è avviata su questa strada.
Del resto l’essere umano è una delle tante manifestazioni dell’Energia Cosmica, insieme a piante, animali, vegetali, pianeti stelle soli… Arrivare alla coscienza di essere un Tutto è lo scopo.
Avanti tutta Homo empaticus!
Sempre interessanti le tue segnalazioni.
Love
L
Tieni conto che Rifkin è un “tecnico”, è un economista! Ciao